La generazione di scarti e di materiale residuale è parte integrante del processo produttivo di ogni azienda, in qualunque settore operi. In generale, i termini “recupero” e “smaltimento” si riferiscono a due approcci radicalmente diversi, ciascuno con specifiche sfide e opportunità per le aziende moderne. Secondo la definizione: la possibilità di trasformare uno scarto in una nuova materia prima o in energia delinea un percorso di recupero. Al contrario, la sua eliminazione definitiva si concretizza nel processo di smaltimento.
La scelta di destinare un rifiuto allo smaltimento o al recupero in qualche caso può essere a discrezione del produttore ma, nel complesso, è guidata dalle caratteristiche dello scarto, come la sua tipologia e composizione.
La chiave per comprendere la distinzione tra questi due trattamenti va trovata nel futuro potenziale di ogni rifiuto speciale, cioè il modo in cui ciascun rifiuto può contribuire alla circolarità e alla sostenibilità dell’economia.
La normativa che regolamenta il trattamento dei rifiuti speciali identifica chiaramente gli scarti delle attività produttive, garantendo una gestione trasparente e focalizzata sulla riduzione dell’impatto ambientale.
Vediamo nel dettaglio come i processi di recupero e smaltimento dei rifiuti differiscono nelle attività e come influenzano la sostenibilità delle pratiche aziendali, in linea con la rigorosa normativa europea e nazionale che regola il settore.
Percorsi di recupero e smaltimento: le differenze concrete nella gestione dei rifiuti industriali
Come abbiamo detto la scelta del produttore è parte attiva nell’individuazione del destino di un rifiuto, ma è la tipologia a rivestire in definitiva il ruolo chiave nella filiera di governance dei rifiuti. Vediamo quindi quali sono le differenze tra recupero dei rifiuti e il loro smaltimento.
Sostanzialmente, il recupero dei rifiuti consente il loro reinserimento all’interno del processo produttivo, rendendoli promotori di circolarità per definizione.
Il processo adottato ricicla il materiale residuale ottenuto da un’attività produttiva per introdurlo nuovamente nel ciclo produttivo in sostituzione di altri materiali vergini. Ciò significa che quando un rifiuto speciale viene recuperato, questo torna a svolgere un ruolo attivo, per esempio come materia prima, ma anche prodotto o fonte di energia. Le operazioni di recupero previste per riciclare uno scarto sono classificate con una sigla che definisce appunto l’attività specifica con cui il rifiuto tornerà ad acquisire valore. Suddivise in 13 differenti processi, queste attività vanno dall’impiego di un rifiuto come combustibile alla sua rigenerazione, riciclo, recupero o utilizzo diretto.
Quando al contrario l’iter che completa la filiera include le operazioni di smaltimento, sono previste diverse attività in base alla tipologia dello scarto coinvolto.
Nel momento in cui viene eliminato, un rifiuto non può più avere nessun ruolo all’interno dell’economia di produzione: il principio di base che governa questo processo è quello di contenere quanto più possibile l’impatto ambientale che ne deriva.
Per gli interventi che smaltiscono i rifiuti industriali, di qualunque tipologia si identificano un totale di 15 diversi processi che garantiscono il deposito definitivo in condizioni di stabilità e sicurezza e che comprendono: il semplice deposito su diverse superfici di terra e acqua o nel sottosuolo, trattamenti di vario tipo fino ad arrivare all’incenerimento.
Le differenze tra recupero e smaltimento dei rifiuti sono riscontrabili anche nei processi e nelle attività, richiedono tecniche e macchinari evidentemente diversi e, molto spesso, più di un centro di raccolta dal momento che non tutti possono gestire ogni tipo di operazione prevista. Ciò significa che dopo la raccolta dei rifiuti industriali il loro conferimento non è automaticamente possibile presso uno stesso stabilimento.
Il quadro normativo di riferimento
La gestione dei rifiuti industriali è ben regolata: tra tutte le norme in vigore, la direttiva europea (Direttiva 2008/98/CE e successivi interventi di modifica) e il decreto legislativo nazionale (d. lgs. 152/2006 poi modificato da altre disposizioni) sanciscono che gli scarti delle attività produttive siano prima di tutto catalogati.
L’impianto legislativo è condiviso a livello europeo per assicurare ai paesi una linea comune nel trattamento dei rifiuti, così da promuovere in maniera coerente lo sviluppo di pratiche che mettano al primo posto la tutela dell’ambiente e la salute dell’uomo.
Ciascun paese è libero di regolare nel dettaglio le attività che compongono la filiera, mentre la classificazione di un rifiuto speciale deve essere univoca, per avere la certezza che venga smaltito o riciclato riducendo al minimo l’impronta sull’ecosistema.
Come già spiegato, il percorso di trattamento per ogni rifiuto speciale varia in base alle sue caratteristiche, che includono non solo la sua composizione materiale, ma anche l’attività e il processo produttivo da cui deriva.
Per la corretta classificazione dei rifiuti è stato disposto che si faccia riferimento ad un elenco condiviso, il cosiddetto Elenco Europeo dei Rifiuti anche noto come Catalogo Europeo dei Rifiuti che assegna un codice (EER o CER indifferentemente) ad ogni scarto.
La norma prevede infatti che un rifiuto venga identificato da una sequenza numerica con la quale è possibile risalire alla sua tipologia e a come è stato prodotto. Si tratta di tre coppie di cifre che fanno riferimento ciascuna ad un’informazione, nello specifico: l’attività che ha prodotto quel rifiuto, il processo con cui è stato generato e la tipologia.
In ultimo un rifiuto può essere classificato come pericoloso con l’aggiunta di un asterisco. La distinzione tra rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi determina processi di raccolta e operazioni di trasporto differenti, ma non necessariamente ne implica recupero o smaltimento.
Gli allegati del decreto: le attività di smaltimento e recupero
Le attività di recupero e smaltimento sono regolate dettagliatamente nel d. lgs. 152/2006. Questa normativa suddivide e cataloga le operazioni di smaltimento e recupero nei rispettivi allegati B e C, offrendo un framework chiaro per il trattamento dei rifiuti industriali.
Smaltimento dei rifiuti: Allegato B
L’allegato B del decreto legislativo classifica le operazioni di smaltimento dei rifiuti, numerate da D1 a D15, specificando il processo e il trattamento applicato. Le attività sono ripartite in questo modo:
- D1: Deposito sul o nel suolo (a titolo di esempio: discarica);
- D2: Trattamento in ambiente terrestre (a titolo di esempio: biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli);
- D3: Iniezioni in profondità (a titolo di esempio: iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali);
- D4: Lagunaggio (a titolo di esempio: scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.);
- D5: Messa in discarica specialmente allestita (a titolo di esempio: sistematizzazione in alveoli stagni separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall’ambiente);
- D6: Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione;
- D7: Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino;
- D8: Trattamento biologico non specificato altrove nell’allegato di riferimento, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12;
- D9: Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (a titolo di esempio: evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.);
- D10: Incenerimento a terra;
- D11: Incenerimento in mare:
- D12: Deposito permanente (a esempio sistemazione di contenitori in una miniera, ecc.):
- D13: Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12:
- D14: Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13;
- D15: Deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).
Recupero dei rifiuti: l’Allegato C
All’interno dell’allegato C dello stesso decreto, sono invece segnalate dalla lettera R accompagnata da un numero da 1 a 13 le operazioni di recupero, suddivise in questo modo:
- R1: utilizzazione principale come combustibile o altro mezzo per produrre energia;
- R2: rigenerazione/recupero di solventi;
- R3: riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche);
- R4: riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici;
- R5: riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche;
- R6: rigenerazione degli acidi o delle basi;
- R7: recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti;
- R8: recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;
- R9: rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;
- R10: spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura;
- R11: utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10;
- R12: scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11;
- R13: messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).
Dal punto di vista giuridico, la questione è trattata estensivamente e dettagliatamente per contenere gli eventuali danni ambientali che si possono verificare in seguito ad una gestione dei rifiuti non conforme. Rispettare le normative non è però solo un modo per prevenire sanzioni economiche e responsabilità legali per i produttori, ma rappresenta soprattutto un’opportunità per valorizzare un modello di sviluppo sostenibile che promuove la circolarità della produzione, incoraggiando l’innovazione e la responsabilità ambientale, quando possibile.
Recupero o smaltimento quando sono da effettuare?
Come dovrebbe operare allora un’impresa industriale, per gestire opportunamente e in modo corretto i propri rifiuti speciali?
Il primo passo è indubbiamente quello di individuare un partner affidabile, qualificato e certificato, che assicuri ai produttori una gestione ambientale efficace e conforme alle normative.
Le disposizioni in vigore stabiliscono che il deposito dei rifiuti speciali possa seguire un criterio temporale o quantitativo. Nel primo caso i rifiuti vanno conferiti entro tre mesi indipendentemente dalle quantità raccolte. Per il principio quantitativo il conferimento avviene una volta raggiunti i 30 metri cubi di rifiuti, di cui al massimo 10 di rifiuti speciali pericolosi. In questo secondo scenario è precisato che il deposito non possa superare l’anno.
Di fatto il deposito temporaneo funge da fase di raggruppamento iniziale dei rifiuti, preparando il terreno per una raccolta efficace. Non deve essere tuttavia confuso con lo stoccaggio, che prevede invece la messa in riserva e il deposito preliminare dei rifiuti.
È essenziale che un gestore ambientale sia ben informato su queste distinzioni perché rappresentano criteri fondamentali per operare in conformità ai tempi e alle quantità imposti dalla normativa. Data la complessità e la severità delle disposizioni legali in materia, l’importanza di affidarsi a esperti del settore è cruciale per avere risposte chiare e univoche e garantire una gestione ottimale dei rifiuti.Nel processo di gestione dei rifiuti industriali, dalla raccolta al trattamento finale, ogni passaggio può inoltre essere tracciabile digitalmente. Con questo scopo è stato introdotto il R.E.N.T.Ri, una piattaforma digitale che raccoglie le informazioni per la tracciabilità. Solo determinate categorie operative e aziende di una certa dimensione hanno al momento l’obbligo di adottarlo.
Questo Registro Elettronico Nazionale sulla Tracciabilità dei Rifiuti assicura, per i soggetti obbligati alla sua compilazione e per chi sceglie di adottarlo, che ogni fase del processo di gestione dei rifiuti industriali sia documentata digitalmente. In questo modo si garantisce la possibilità di individuare un rifiuto industriale in ogni momento, di risalire a chi l’ha prodotto e di identificare immediatamente il trattamento a cui verrà sottoposto negli impianti di recupero smaltimento.
Identificare gli impianti: quali smaltiscono e quali recuperano?
Non tutte le aziende che si occupano della raccolta e del trasporto di rifiuti possiedono impianti propri di smaltimento o recupero, e questo di fatto costituisce un vantaggio per chi ha prodotto gli scarti. Affidarsi a un partner per la gestione ambientale che utilizzi centri di raccolta e impianti di terzi per il trattamento dei rifiuti speciali garantisce che la scelta di queste strutture sia dettata esclusivamente dagli interessi del produttore.
È il caso di Omnisyst, che si inserisce nella filiera di gestione degli scarti con l’obiettivo di semplificare i processi e accompagnare le aziende verso soluzioni su misura, idonee alle loro esigenze specifiche.
Lo smaltimento dei rifiuti industriali deve avvenire in centri specializzati e autorizzati, dove le procedure variano in funzione della tipologia e pericolosità dei materiali. Il principio di base però resta sempre lo stesso: tutelare l’ambiente e garantire la sicurezza, evitando la dispersione degli scarti.
Impianti di questo tipo seguono infatti rigorosi standard di manutenzione, regolamentati per legge anche negli anni successivi alla chiusura dell’impianto, assicurando così la protezione dell’ecosistema e prevenendo danni ambientali a lungo termine.
I rifiuti destinati al recupero vengono gestiti in impianti che dispongono di macchinari per la trasformazione e il riciclo dei materiali.
Plastica e metalli, per esempio, non vengono trattati allo stesso modo e, anche tra le stesse materie di scarto, le differenze variano a seconda della pericolosità o meno del rifiuto speciale.
Nel caso specifico di scarti che vengono usati per la produzione di energia, gli impianti di riferimento sono termovalorizzatori, che restituiscono energia termica poi impiegata per la produzione di altre forme di energia.
In qualunque comparto produttivo e industriale, la produzione di materiale residuale e di scarto è inevitabile.
L’impegno di un’azienda verso obiettivi di sostenibilità si concretizza quindi nella scelta di un partner per la Governance dei rifiuti speciali con cui condividere una visione di circolarità ed efficienza che mira quanto più possibile all’impiego di risorse destinate al riciclo, più che allo smaltimento.Per ridurre l’impatto ambientale della tua azienda è importante individuare un partner che sappia valorizzare il tuo impegno per verso la sostenibilità.
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