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01 - 07 - 2024

Sottoprodotti industriali: cosa sono e come trasformarli in risorse

Sottoprodotti industriali

Quando sostenibilità e vantaggio economico si incrociano, le opportunità per le aziende si moltiplicano. Partiamo da un fatto: i costi gestionali per trattare i rifiuti sono generalmente più alti rispetto a quelli per gestire i sottoprodotti.

Ma cosa sono i sottoprodotti e come fare per riutilizzarli?
Facciamo chiarezza: i sottoprodotti non sono rifiuti ma residui. Sono perciò scarti che, se trattati correttamente, riacquistano importanza. La loro gestione vuole individuare il destino che può valorizzarli.

Distinguerli dai rifiuti ci aiuta a capire che a livello giuridico, quando si parla di sottoprodotti industriali, si intendono gli scarti ottenuti dal processo produttivo di un’azienda che, potendo rientrare nella filiera di produzione, vengono riqualificati come materie prime.

Quali sono le sfide e le opportunità per le aziende che scelgono di trasformare i propri residui in risorse e quali sono gli aspetti più problematici e le criticità?

Le caratteristiche che rendono un residuo un sottoprodotto

Secondo la norma, un sottoprodotto si può definire tale quando da scarto diviene materia prima secondaria.

Mentre un rifiuto può essere smaltito o recuperato con trattamenti e processi molto diversi tra loro, un sottoprodotto viene riutilizzato. Serve cioè per dare vita ad un prodotto diverso da quello con cui è stato originato.
Per dirla in altri termini, un sottoprodotto viene gestito come un bene, come una materia prima non vergine o appunto una materia prima secondaria.

Precisamente, un residuo può dirsi sottoprodotto se, in base a quanto previsto dell’art. 184 bis del D. Lgs. 152/2006, soddisfa contemporaneamente tutte queste quattro condizioni:

  • essere originato da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o oggetto;
  • essere sicuramente utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo ciclo di produzione o di utilizzo dal produttore o da terzi;
  • la possibilità di essere direttamente utilizzato senza alcun trattamento ulteriore diverso dalla normale pratica industriale;
  • essere legalmente riutilizzato, quindi soddisfare tutti i requisiti che riguardano i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente senza avere un impatto complessivo negativo ai danni dell’ambiente e della salute dell’uomo.

Nel momento in cui uno scarto smette di soddisfare uno di questi requisiti, diventa un rifiuto e deve quindi essere trattato e smaltito, o recuperato, come tale.

È importante precisare che se un sottoprodotto può diventare rifiuto nel momento in cui non risponde più ai criteri sopra elencati, non è possibile il contrario. Un rifiuto definito tale a livello giuridico non potrà mai divenire sottoprodotto.

Il contesto normativo di riferimento

Il quadro giuridico, molto preciso e dettagliato nel trattare i rifiuti, risulta invece un po’ meno chiaro nel delineare i sottoprodotti.

La nebulosità che riguarda la giurisprudenza relativa ai sottoprodotti industriali si spiega pensando allo stadio ancora embrionale in cui si trova, se paragonata con l’impianto normativo che regola i rifiuti.
Con qualche riferimento, proviamo a fare chiarezza sull’argomento.

Il punto di partenza è sempre il D. Lgs. 152/2006 che regola tutto il comparto degli scarti: qui come segnalato prima sono contenute le caratteristiche necessarie a fare di un residuo un sottoprodotto all’art. 184 bis.

Il secondo riferimento è il D.M. 264/2016, un provvedimento utile ma non indispensabile per i produttori. Quanto riportato nel decreto, infatti, non specifica chiaramente l’ambito di applicazione e gli allegati si riferiscono concretamente solo ad una specifica tipologia di sottoprodotto: le biomasse residuali di cui si parla nell’allegato 1, per esempio.

All’interno di questa disposizione si introducono come strumento utile alla simbiosi industriale gli elenchi pubblici istituti presso le Camere di commercio territorialmente competenti in cui si raccolgono produttori e utilizzatori dei sottoprodotti.
Nella realtà, questi elenchi la cui iscrizione è a titolo volontario, si sono rivelati uno strumento poco adottato da parte dei produttori, in virtù di scelte principalmente legate alla tutela del segreto industriale.

Anche la cosiddetta “scheda tecnica” di un sottoprodotto industriale viene citata all’interno dello stesso decreto: si tratta di un documento in cui sono riportate da parte del produttore le informazioni riguardanti il sottoprodotto in questione.

Un aspetto del quadro normativo è però molto evidente: confondere un rifiuto per sottoprodotto è decisamente pericoloso e determina sanzioni oltre che, in qualche caso, rischi penali.

Le tipologie di sottoprodotti industriali

Esistono esempi territoriali: la Regione Emilia Romagna in cui la pubblica amministrazione, di concerto con associazioni di categoria, è intervenuta per definire buone pratiche per l’individuazione di determinati sottoprodotti. In questa operazione vengono indicati gli scarti originati da particolari cicli produttivi che acquistano valore diventando sottoprodotti spendibili in ottica circolare.
L’intenzione è risolvere una delle questioni più articolate: riuscire ad abbinare domanda e offerta.

Quanto alle tipologie, i sottoprodotti industriali, definiti dalle quattro caratteristiche delle quali abbiamo parlato prima, possono essere qualunque tipo di scarto di produzione che le soddisfi.
La difficoltà è proprio questa: non esiste una classificazione unica come per i rifiuti, né la possibilità di attribuire ad un sottoprodotto un codice univoco di identificazione.

La gestione dei sottoprodotti: le difficoltà nell’individuazione del destino

Gli elenchi dedicati ai produttori nascono per facilitare l’individuazione del destino di un sottoprodotto industriale. Questa, di fatto, è la criticità più spinosa della gestione ambientale di un sottoprodotto.

È possibile che lo scarto del ciclo di produzione di un’azienda, una volta trattato, possa essere reimpiegato come materia prima in un’altra linea produttiva o addirittura nella stessa, all’interno della medesima azienda.
Il caso in cui domanda e offerta coincidono è forse il più facile da gestire, perché il destino di un sottoprodotto è quello di essere reimpiegato dove è stato originato.

Destinare il riutilizzo a terzi è possibile, ma più complicato. In un contesto di economia circolare, si parla in questo caso di simbiosi industriale dove i percorsi di sostenibilità delle aziende si intersecano.

Questo scenario costituisce per il gestore ambientale quello più critico: non sempre si riesce ad individuare chi può servirsi di un sottoprodotto, per questo preferire un partner del waste management che si fa promotore di valori simbiotici e di circolarità è la scelta giusta per le aziende che vogliono restituire valore ai propri scarti.

Sottoprodotti vs rifiuti: costi di gestione a confronto

Le aziende hanno un duplice interesse nel rivalutare i propri scarti: aderire ad un modello di sviluppo che valorizza le risorse e contenere la spesa per farlo. Come abbiamo detto in apertura, infatti, i costi gestionali per trattare i rifiuti generalmente superano quelli per gestire i sottoprodotti.

Spesso scegliendo di trasformare gli scarti in sottoprodotti un’azienda ottiene immediatamente un vantaggio: il taglio alla produzione di rifiuti. Un elemento importante da trasmettere agli stakeholder e un riscontro positivo nel consolidare la propria reputazione.

La scelta di una strategia che restituisce valore ai residui trasformandoli in sottoprodotti deve tenere conto dei rischi legati alla definizione stessa di sottoprodotto. Durante tutta la sua gestione, un sottoprodotto deve infatti mantenere tutte e quattro le caratteristiche che lo inquadrano a livello normativo, altrimenti diviene rifiuto.

Non sono tollerate da parte del legislatore inadempienze in questo senso, per questo per le aziende occorre scegliere un partner di gestione ambientale competente, dal momento che a rischio c’è molto più della reputazione.

Scegliere la sostenibilità riducendo la produzione di rifiuti

Omnisyst mette a disposizione delle aziende e delle organizzazioni la propria competenza per assicurare strategie di efficientamento sostenibili nella gestione dei rifiuti e nella valorizzazione dei residui come sottoprodotti.

Una visione orientata alla collaborazione tra imprese e alla circolarità fa sì che il nostro approccio sia sempre tale da valutare ogni situazione per sé e, sulla base di dati oggettivi, proporre soluzioni reali, conformi alle normative, innovative e attente al pianeta e alle persone.

Nella gestione dei sottoprodotti guardiamo a possibilità concrete per contenere gli sprechi e restituire valore agli scarti, individuando il destino anche presso terzi.
Lavoriamo al fianco delle aziende con un obiettivo chiaro: aiutarle a raggiungere una crescita innovativa e sostenibile.

Per sapere come rivoluzionare la gestione degli scarti e orientare la tua azienda verso traguardi sostenibili, contattaci per una consulenza personalizzata.