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28 - 06 - 2024

L’impatto ambientale dei rifiuti alimentari: strategie efficaci per ridurre gli sprechi

Manager Monitoring

L’industria alimentare ha un impatto notevole sulla sostenibilità: prima per l’emissione di gas serra di cui si rende responsabile nella produzione del cibo e poi per la quantità di rifiuti alimentari che causa.

La filiera alimentare, lo sappiamo, è fondamentale e necessaria, dal momento che non ne possiamo fare a meno. Per questo sondare opportunità per mitigare il suo effetto sugli ecosistemi è così importante. Fortunatamente le strategie sono diverse e si possono implementare in tutti gli stadi della produzione, dall’agricoltura alla gestione degli scarti.

I rifiuti alimentari, per esempio, possono essere ridotti e in questo caso si parla di rifiuti alimentari evitabili. Allo stesso modo possiamo ridurre l’impronta climatica che lasciano, agendo sul contenimento delle emissioni nella catena da cui vengono prodotti, su interventi di riciclo e sulle attività per valorizzarli.

I vantaggi del contenimento dello spreco alimentare

Come accennato, guardando alla sostenibilità in termini di tutela delle risorse e dell’ambiente, non mancano le iniziative per regolare lo spreco alimentare.

Come in tutte le gestioni più attente e accorte, una riduzione degli sprechi può corrispondere anche a un taglio dei costi. Il caso specifico dei rifiuti alimentari non è diverso e anzi, ampiamente documentato da studi e inchieste.

Infatti, secondo una ricerca presentata nel 2017 da Champions 12.3, un gruppo britannico che comprende attori pubblici e privati del settore alimentare impegnati nell’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030 dell’ONU per ridurre lo spreco, il margine di crescita economica è notevole.
I dati raccolti da 1.200 attività di settore appartenenti a circa 700 imprese in 17 diversi stati hanno dimostrato non solo un ritorno dell’investimento a fronte di una riduzione degli sprechi ma, per oltre la metà delle attività, a ogni sterlina investita è corrisposto un rientro di almeno 14 sterline.

Le ragioni per una limitazione di rifiuti alimentari sono valide dal punto di vista economico ma anche e soprattutto sono legate all’etica e alla sostenibilità.

Perciò uno sviluppo economico virtuoso e a impatto ridotto è possibile anche per il comparto alimentare, intervenendo a più livelli e valutando investimenti nella giusta direzione.

Quanti e quali sono i rifiuti alimentari?

Il termine “rifiuti alimentari” si riferisce a tutti gli alimenti diventati rifiuti.
A livello giuridico, la definizione è contenuta nella Direttiva 2018/851/UE, che modifica la Direttiva 2008/98/CE e fa riferimento al Regolamento CE 178/2002.

I dati presenti contenuti nel Food Waste Index Report 2024 dell’ONU quantificano la produzione mondiale annua di rifiuti alimentari in un valore monetario di oltre 1.000 miliardi di dollari statunitensi.
Se l’impatto economico dello spreco alimentare in Italia corrisponde a quasi un punto di PIL (oltre 15 miliardi di euro nel 2019 secondo i dati ENEA), quello ambientale non è certo inferiore. Sempre secondo i dati ONU, infatti, a livello globale si devono ai rifiuti alimentari, includendo perdite e sprechi, emissioni di gas serra pari all’8-10% del totale.

Allargando il quadro, come riportato nello studio risalente al 2022 di Ritchie, Rosado e Roser pubblicato online sul portale Our World in Data, il comparto del settore del cibo nel suo complesso è responsabile del 26% delle emissioni totali prodotte: equivalenti a 13,7 miliardi di tonnellate di CO2.

Abbiamo definito quanti e quali sono i rifiuti alimentari, ma come si interviene su un impatto così grande a livello globale?
L’incidenza di questo comparto può essere ridotta e contenuta. Le aziende del settore alimentare hanno la possibilità di mettere in atto pratiche virtuose per promuovere uno sviluppo più in linea con la sostenibilità del pianeta e degli ecosistemi.

Riduzione delle risorse, aumento delle emissioni e problemi di gestione: i danni dello spreco alimentare 

L’impatto ambientale del cibo si misura per gli sprechi di cui è responsabile, ma anche per le risorse di cui si serve.

Il settore della produzione di alimenti, infatti, è il più grande consumatore di acqua. La sola agricoltura a livello globale – e senza contare quindi le attività successive di lavorazione alimentare – utilizza il 70% delle risorse idriche a disposizione, sempre secondo i dati contenuti nello studio di Ritchie, Rosado e Roser.

Per quanto riguarda le emissioni, oltre a quelle riconducibili alla produzione diretta che abbiamo detto corrispondere al 26%, è importante ricordare anche l’incidenza indiretta.
Il suolo destinato alle produzioni agricole o di allevamento, infatti, ha ridotto considerevolmente le foreste il cui contributo all’assorbimento di CO2 resta fondamentale.
Protagonista in senso negativo anche della diminuzione della biodiversità, il settore primario quando sceglie un modello intensivo risulta particolarmente dannoso per l’ambiente.

A livello di trasformazione dei prodotti alimentari, all’impronta di carbonio originata dai consumi energetici e dai materiali impiegati – la plastica su tutti – si uniscono gli sprechi di una materia prima deperibile, che necessita di trasporto e trattamenti dedicati.

Insomma, se già il settore ha un impatto pesante a livello ambientale, gli sprechi e i rifiuti alimentari non fanno che accentuare il problema.
La buona notizia è che dove c’è uno spreco si può intervenire per contenerlo, ridurlo o, nel migliore dei casi, azzerarlo.

Strategie sostenibili: recupero e riutilizzo dei rifiuti alimentari

Valorizzare gli scarti alimentari è una pratica che ben si inserisce all’interno dell’economia circolare come indicato anche nell’obiettivo 12.5 dell’Agenda 2030 dell’ONU. Inoltre, è un’opportunità per promuovere modelli di consumo più sostenibili per le persone e per l’ambiente.

Omnisyst incentiva il riutilizzo delle risorse esistenti che incarna l’economia circolare favorendo la simbiosi industriale dei rifiuti alimentari per indurre le aziende a vedere in un modello condiviso un fattore di innovazione e crescita

In un’ottica di recupero, i rifiuti alimentari divengono sottoprodotti alimentari, materie prime riutilizzabili e regolate da specifiche normative di riferimento.
Nei sottoprodotti alimentari si contano tutti gli scarti, sia quelli di frutta e verdura, che lattiero-caseari, di macellazione o ittici, solo per fare alcuni esempi.

Il percorso che punta a dare valore ai rifiuti alimentari non guarda unicamente a soluzioni come il compostaggio che trasforma gli scarti in fertilizzante organico, oppure la produzione di mangimi per gli allevamenti o ancora prodotti per il pet-food domestico.
La tecnologia aiuta a recuperare gli scarti alimentari in diverse modalità fruibili da parte di tanti settori industriali.

Come si combatte lo spreco alimentare

A seconda degli scarti e quindi della categoria dei sottoprodotti alimentari impiegati nel riciclo, le tecnologie coinvolte cambiano e offrono scenari di riutilizzo diversi.
Vediamo qualche esempio.

  • Convertire i rifiuti alimentari in biogas, una fonte di energia rinnovabile, è una soluzione innovativa e di grande impatto. In un contesto di economia circolare, infatti, trasformare un residuo in risorsa energetica è virtuoso per due ragioni: non aver perso l’opportunità di valorizzare uno scarto e averlo reso il più possibile spendibile.
  • Un altro esempio riguarda la produzione di bioplastiche che sfrutta materie prime di origine vegetale come i sottoprodotti alimentari di questa natura. Con processi di estrazione e trasformazione si ottengono imballaggi, componenti industriali e prodotti che in virtù dei materiali che li compongono possono essere biodegradabili.
  • Ancora, grazie a impianti e tecnologie specifiche si possono ottenere da residui alimentari materie prime in sostituzione di quelle vergini impiegabili nell’industria tessile o nel settore dell’edilizia: nel primo caso divenendo fibre per la produzione di tessuti, nel secondo materiale isolante o da costruzione.
  • Nell’industria della cosmesi e della cura personale i prodotti di origine animale o alimentare sono impiegati con sempre maggior frequenza; destinare gli scarti a questo ambito permette inoltre di limitare il ricorso ad agenti chimici, offrendo un prodotto finale più sostenibile.

Non mancano le opportunità per trasformare uno scarto in una risorsa e, per un settore con un’impronta sull’ambiente così marcata, scegliere strategie di riciclo diventa un’opportunità da cogliere.

Il modello circolare e l’impatto delle aziende alimentari

Come abbiamo sottolineato, nella filiera di produzione del cibo, si può intervenire a più livelli per contenere l’impatto ambientale.
Come tutti i comparti industriali, scegliere un approvvigionamento energetico green è il primo passo. Successivamente, nella trasformazione degli alimenti si può agire per efficientare la filiera e scegliere per il prodotto finito packaging ottenuti da materiali riciclati o meglio ancora compostabili.

Le iniziative per ridurre le emissioni non mancano e nello specifico, per un settore in cui gli scarti hanno questa incidenza sull’ambiente, promuoverne il riciclo è altrettanto importante.

In un’azienda alimentare, scegliere un gestore ambientale che sostiene l’economia circolare aiuta a dare valore agli scarti e ai residui ottenuti dalla propria produzione.

Aziende come Omnisyst incoraggiano le organizzazioni a entrare in un percorso simbiotico di scambio e il comparto alimentare non fa eccezione. Trasformare i rifiuti in risorse contribuisce a ridurre il proprio impatto ambientale e a contenere le emissioni di CO2.

Lo sviluppo di una crescita virtuosa si costruisce con l’azione di pratiche sostenibili, anche e soprattutto nella gestione dei residui.
Le aziende alimentari possono infatti avere un’influenza positiva perché dispongono di uno scarto che presenta tante possibilità per essere reinvestito nella produttività.

Se anche la tua azienda opera nel settore alimentare e vuole innovare e adottare pratiche sostenibili per la gestione degli scarti, contattaci per scoprire come puoi ridurre l’impatto ambientale.